La Stazione di Servizio, Quella Notte
La Stazione di Servizio, Quella Notte
Mi apparve decisamente diversa.
I miei occhi semichiusi
non scorgevano,
oscurati
dalla pioggia
che cadeva, ripetitiva, e si schiantava con possenti scrosci al suolo.
Il potente vento, poi,
trasportava ferocemente
foglie, chicchi di grandine
e fiumi d’acqua a gran velocità,
che riuscivano a precedere
il lento avanzare della vettura.
Cercai riparo
sotto il precario tetto della Stazione
preoccupato e confuso:
vibrazione incontrollata,
segnale di preoccupazione intermittente;
non riuscivo a vedere le Luci
il suono diventava un riverbero paralizzato.
E pensavo scioccamente: “è questa la fine del mondo?”
E la mente viaggiava,
trascendeva l’asfalto bagnato, la luce, la pioggia, il cielo in tempesta,
arrivava al Mare:
interconnessione negativa,
immedesimazione incomprensibile
negli occhi cerulei di chi il Mare lo aveva visto davvero.
Al profondo pensiero
si sostituì bruscamente
un bagliore fulmineo:
un’altra anima, proprio come me, cercava riparo
dal tempo impazzito
in quella normale irregolarità.
Copertina: Yash Godebski, “Station pl” (2013)